RUOTE D’ITALIA 31 LUGLIO 2019 di Paolo Uggè
Chi la dura la vince, dice un antico adagio popolare che molto spesso ha trovato conferma nella realtà dei fatti.
L’ultima, in ordine di tempo, arriva dal mondo delle federazioni che fa riferimento a Conftrasporto e ad Anita e che il 23 luglio ha sciolto positivamente la riserva posta all’atto della sottoscrizione del contratto della logistica, del trasporto merci e spedizione il 3 dicembre 2017, dopo aver invitato per 20 lunghi mesi le imprese aderenti a limitarsi a dare applicazione, salvo eccezioni a livello aziendale, alla sola parte economica.
Una decisione innescata da una scelta autonoma su alcune normative, concordate solo con le rappresentanze del mondo dell’artigianato, che avrebbero dovuto essere, secondo qualcuno, propedeutiche a determinare condizioni diverse non per il mondo dell’artigianato in quanto tale (aspetto questo sempre previsto in tutti i contratti) ma solo per le imprese aderenti ad alcune rappresentanze dell’artigianato anche non a dimensione artigiana. Una scelta ovviamente non condivisa dalle federazioni di Conftrasporto che avevano deciso di non ratificare il testo contrattuale, ritenendo che tali norme violassero i rapporti tra le parti sociali.
Dopo incontri e verifiche i punti controversi sono stati finalmente superati e il testo sottoscritto ribadisce uno dei principi fondamentali alla base delle relazioni sindacali: l’impossibilità di prevedere normative che comportino trattamenti diversi in base all’appartenenza associativa.
Principio condiviso dalle stesse confederazioni che sia all’interno del Cnel sia nelle intese interconfederali operano per contrastare ogni forma dei cosiddetti “contratti pirata”. Ovviamente questa non poteva essere la ragione che aveva portato alcune parti a sottoscrivere una clausola da applicarsi in ragione dell’appartenenza associativa, ma così sarebbe stato infranto un principio fondamentale e questo non poteva essere accettato.
C’è voluto tempo, e non poco, ma l’importante è che alla fine l’intoppo sia stato superato e soprattutto si siano definite posizioni molto chiare per il futuro. Nell’intesa sottoscritta dalle federazioni di Conftrasporto e Anita viene ribadito che “non è consentito alcun beneficio di favore per imprese iscritte a un’associazione datoriale piuttosto che a un’altra” e inoltre si chiarisce “che sin da subito sono garantite pari condizioni per tutte le associazioni e quindi la neutralità del contratto sotto il profilo del dumping associativo”. Tutto è bene quel che finisce bene.
Siamo certi che con il nuovo rinnovo del contratto le parti datoriali sapranno trovare in perfetta armonia le necessarie vie d’uscita al fine di riportare a una visione unitaria e condivisa. Questo non per disconoscere le diversità esistenti, ma per gestirle senza voler eliminare le differenze oggettive.
Le imprese aderenti alle federazioni di Conftrasporto hanno altresì deciso di dare applicazione alla clausola su Sanilog, il fondo sanitario, la cui applicazione era anch’essa rimasta in sospeso, e parteciperanno, come previsto dal contratto sottoscritto il 3 dicembre 2017, alle verifiche propedeutiche alla corresponsione della quarta tranche.
Ora quel che occorre attuare, alla luce del fatto che le condizioni nelle quali versano moltissime imprese di trasporto non sono certo quelle ideali per competere, è il rilancio del confronto sulle condizioni esistenti in una realtà composita e che è stata peraltro quella che ha portato alle azioni di sciopero recentemente attuate dalle rappresentanze sindacali dei lavoratori preoccupate di come si sta gestendo la politica dei trasporti nel suo insieme.
Conftrasporto ha già avuto modo di evidenziarlo (e non lo ribadisce per dare supporto a qualcuno in particolare): è inammissibile che al dicastero dei Trasporti non siano, a oggi, ricoperte le assenze di un viceministro e di un sottosegretario. Questa è una responsabilità che va in ogni caso addebitata alle forze che sostengono l’Esecutivo in carica.
Non vorremmo che ragioni di natura esclusivamente politica mettessero in secondo piano un dicastero che – dovrebbe da tutti essere compreso – è oggi più che mai strategico per l’economia nazionale.
Paolo Uggè
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