Nel 2019 la produzione industriale è scesa dell’1,3%. Raffrontando il dicembre 2019 con il precedente mese di novembre la riduzione è del 2,7%. Se si estende il raffronto con dicembre 2018 si arriva al – 4,3%. Se poi guardiamo i dati degli altri paesi europei scopriamo di essere buoni ultimi. Dati, non c’è che dire, preoccupanti. Per fortuna c’era chi parlava di anno stupendo. Qualcuno se lo ricordi al momento opportuno.
In tutta questa situazione economica, anziché prenderne coscienza e cercare le soluzioni, si perde tempo in diatribe di natura politica, per lo più generate prevalentemente dai rapporti tra le forze politiche. Il rischio è di veder peggiorare, in modo ancor più grave, la situazione. L’economia, lo sanno tutti, ha necessità di certezze ma soprattutto deve essere condotta all’esterno come un “unicum” della politica di un Esecutivo. In caso contrario ad indebolirsi ed a perdere credibilità è l’intero Paese.
Assistere a continue prese di posizione, liti, frutto di artifizi nei quali la classe dirigente si confronta ogni giorno, senza che vengano trovate soluzioni sui temi concreti del Paese è desolante. Solo dichiarazioni generiche che non fanno che aumentare la repulsione nei confronti di taluni che si sentono leaders di un mondo sempre più lontano dai cittadini. Sono ancora un sostenitore di quanto sia indispensabile la politica. Non solo per essere stato nelle Istituzioni ma per profondo convincimento interiore. Talvolta però di fronte a farneticanti dichiarazioni comprendo il senso di ribellione e di nausea dei cittadini.
Se ad una situazione, di per sé difficile dal punto di vista economico, si aggiungono le ripercussioni che la critica situazione sanitaria comporta o si antepongono strategie politiche miranti solo a colpire avversari, il rischio di perdere il senso della realtà è forte ed i risultati lo provano. Credo che neppure uno studente al primo anno di legge si approccerebbe ai delicati temi della giustizia, che impattano sui diritti delle persone oppure a quelli di carattere ambientale, con la superficialità che si coglie nei fatti e nei pronunciamenti di coloro che dovrebbero sentire il peso della responsabilità. Se si è arrivati addirittura a pensare ad un emendamento, (per fortuna evitato in quanto estraneo per materia all’oggetto del provvedimento), per forzare i principi costituzionali, su diritti fondamentali che riguardano la vita di noi cittadini, significa che si è perso anche ogni senso del pudore.
Esistono poi temi concreti del trasporto aereo, perdite di posti di lavoro, sanità, immigrazione rispettosa dei diritti ma nel contempo severa, infrastrutture, Ilva, stagnazione economica, etc. sui quali si sentono solo annunci o delle chiacchiere. Ma le risposte dove sono?
Il ministero degli Esteri propone di stanziare 300 milioni di euro per aiutare l’export. Si è reso conto che non si fa invece nulla per ovviare ai danni che si stanno creando alle imprese? Un esempio proviene da uno dei settori da tempo in sofferenza: I trasporti eccezionali. Con i divieti introdotti, per motivi di sicurezza, senza però alcun preavviso si bloccano attività aziendali dell’intera filiera. Si è consapevoli che così i danni, si estendono sull’export in generale? Non sarebbe più equo risolvere le questioni, eliminare gli ostacoli, anziché annunciare il solito possibile stanziamento di risorse? Finite queste i problemi rimangono.
Ora non v’è dubbio che la sicurezza è un valore che deve essere messo al primo posto. Tuttavia ritengo vi siano due pesi e due misure. Vorrei non si dimenticasse che, nonostante i pronunciamenti della Corte di Giustizia e della Suprema Corte che hanno riconosciuto la compatibilità dei costi della sicurezza, se definiti dalla pubblica Autorità, nulla è stato realizzato, nonostante un preciso accordo. Nelle modifiche al Cds si è parlato invece dei Taxi, degli NCC ; si è normata la questione dei seggiolini per i bambini (buona cosa di per sè ma forse per quattro cretini non occorreva una norma di legge); si è legiferato anche sui monopattini, che non sarà facile conciliare con la sicurezza anche perchè rimangono le incertezze applicative, ma sulle norme che incidono sulle attività di tanti operatori come i trasporti eccezionali, i tempi di pagamento, le revisioni sui mezzi pesanti , tutti temi che riguardano la sicurezza, non si è toccato nulla. Non dimentico certo il tema dei divieti sulla libertà di circolazione, sempre più limitata a livello nazionale, ma addirittura ostacolata per le merci destinate all’esportazione. E poi ci meravigliamo della stagnazione/recessione?
Quando si verificò la tragedia del Ponte di Annone, ministro allora era Del Rio, venne dato per scontato l’avvio di iniziative atte a modificare le normative e soprattutto l’avvio di un programma di verifiche sulla staticità delle opere d’arte. Sono passati alcuni anni ed ora il risultato è che agli Enti o concessionari di tratti stradali, quando non addirittura i procuratori della Repubblica, si vedono costretti ad emanare, talvolta senza fornire informazioni preventive, divieti che bloccano attività economiche che vanno a ricadere sulle intere filiere produttive. Perché non si è dato seguito agli annunci? Si conoscono le conseguenze di tali atti e quanto costa agli operatori della filiera in penali, costi del personale, ecc. di questo modo di procedere? Ma un po’ di vergogna per le modalità con le quali si affrontano i problemi delle persone e delle imprese, non da chi è costretto ad applicare le leggi, ma da chi ha la responsabilità politica non viene mai? Gli stessi scribacchini, tranne qualche lodevole eccezione, non chiedono conto di cosa sia stato fatto e se gli annunci sulla fase serrata di controlli annunciata sia stata in modo organico avviata? I media e la politica/politicante preferiscono, invece, concentrarsi su polemiche riguardanti i concessionari autostradali.
Premesso che, dopo i dovuti accertamenti, per i responsabili non vi dovrà essere tolleranza e dovranno essere emanate pesanti ed adeguate sanzioni per aver messo a rischio la sicurezza altrui. Ma perchè non si dovrebbero coinvolgere anche quei responsabili dei dicasteri obbligati ad esercitare le funzioni di controllo ove non li avessero disposti? Nel caso le avessero ordinate, le verifiche sono state effettuate? Sminuire l’obbligo che impone sia per coloro che ottengono le concessioni ma anche per chi le concede, di disporre accurati controlli, non è buona informazione e favorisce comportamenti di discutibile gestione.
Non sarà che è stato questo clima, senza dimenticare la funzionalità dei porti e la permeabilità delle Alpi, ad aver contribuito a determinare il drastico calo nelle esportazioni? Ancora non ci si rende conto che se non si è in grado di garantire le consegne, secondo gli impegni assunti, la domanda si sposta sui competitori esteri che non risentono di tali problematiche. Gli effetti sono visibili a tutti: le esportazioni sono diminuite, le imprese delocalizzano, la disoccupazione incrementa ed il Paese si avvia verso quella recessione, o tanto agognata decrescita felice. Saranno felici i propugnatori di questa teoria e coloro che superficialmente li hanno supportati.
In questi giorni un giornale economico sembra volersi porre il problema degli ostacoli introdotti dal governo austriaco e del Tirolo al Brennero. Benvenuti! verrebbe da dire. È da più di un anno che Conftrasporto ha presentato quelli che in base a simulazioni risultano essere i danni che per un ora di ritardo in un anno si riversano sul sistema Paese. 370 milioni di euro. Dei quali 200 a carico delle imprese produttrici e 170 del trasporto. Ora parrebbe che anche l’economia tedesca ne soffra. Mi permetto di dubitare un po’. Basta percorrere il tratto di autostrada per notare quanti siano i veicoli polacchi, bulgari, croati e cechi che viaggiano sulla A22. Sicuri che non siano “gestiti” da intermediari tedeschi ? ll costo del lavoro nei Paesi “ new entry” nell’area Ue è molto più ridotto rispetto a quello sopportato dalle imprese italiane o tedesche. (0,13 Euro Km contro 0,43 Euro Km) Se l’Austria con i suoi divieti allunga i tempi del viaggio non è poi così impattante per coloro che “lucrano” sui trasporti. Ma per gli operatori del trasporto si. Infatti automezzi italiani sono molto pochi.
Le imprese tedesche avrebbero perso il 40% dei loro fatturato. Non è forse giunto il momento di riflettere se l’attraversamento dell’arco alpino sia un tema che coinvolge l’intera Europa come la Conftrasporto da tempo segnala? Come mai quel giornale non si è unito alle grida di allarme lanciati da Conftrasporto? Non sarà perché le imprese che producono si sono sempre disinteressate dei restanti componenti della filiera? Anche recentemente Confcommercio/ Conftrasporto si è recata in sede europea per evidenziare la palese violazione di un diritto chiaramente previsto sia dall’atto costituivo europeo (la libertà di circolazione per i Paesi periferici) ma anche dalla Convenzione delle Alpi. Dopo allarmi, incontri bilaterali, firme di documenti, tra i quali la Road Alleance, ed annunci di misure adeguate, sembra che finalmente si trovi l’interesse su un argomento, che forse stupirà qualcuno, ma probabilmente è una delle concause del crollo dei ricavi, del nostro sistema produttivo.
Il giorno di S. Valentino, oggi, è previsto un incontro del ministro italiano con la Commissaria europea. Viene dopo quello inutile avuto con la precedente. Uscirà il solito comunicato pieno di buone intenzioni? Oppure emergerà il coraggio di rivendicare quanto necessario per l’Italia e per la stessa Europa. Il Brennero non è solo un problema austriaco ma del sistema alpino. La speranza è che lo comprenda anche qualche politico austriaco che forse crede di essere ancora i tempi di Cecco Beppe. L’Italia, nell’interesse della propria economia, non può continuare a subire limitazioni nelle connessioni con il resto dei mercati europei. L’arco alpino è un problema comunitario. Il governo deve porre, quindi il problema sui collegamenti europei , coinvolgendo anche la Svizzera, che pur se non parte dell’Unione, è pur sempre firmataria di intese commerciali con la stessa. Occorre risolvere a questo aspetto delicato per il futuro. Va da sé che si dovranno anche annunciare azioni presso la Corte di Giustizia, qualora l’inerzia proseguisse. L’importante è agire!
La situazione sta peggiorando; speriamo dall’incontro escano fatti positivi. In caso contrario il rischio è che “ai fatti” passeranno gli operatori direttamente.
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