Coronavirus, serve un antidoto economico o a morire saranno le imprese.

4 Marzo 2020 TUTTE LE CIRCOLARI

Ruote d’Italia a cura del Presidente Paolo Uggè

Non c’è alcun dubbio: l’epidemia da Coronavirus non poteva scegliere momento peggiore per propagarsi, colpendo un Paese le cui “difese immunitarie”, a livello economico, erano già compromesse, che nonostante le assicurazioni fornite dagli uomini di governo non si può certo affermare si trovi in una condizione esaltante.

Molti dubbi ci sono invece su quanto potrà accadere ora, su quali “antidoti economico finanziari” potrà contare l’Italia per guarire. L’Unione europea accetterà un disavanzo del 2,3- 2,4 per cento? E potremo rispettare la crescita preventivata dello 0,6 per cento o saremo più prossimi allo 0,1- 0,2? E, ancora: confermeremo (e se si con quali risorse?) l’incremento degli 80 euro sui salari bassi? Riusciremo a mantenere la norma relativa alla quota 100? Saremo costretti a rimodulare il reddito di cittadinanza?

Gli interventi infrastrutturali annunciati se non saranno sostenuti dalla “cassa” non potranno essere mantenuti.

E purtroppo per una serie di quesiti la risposta appare scontata: no. Il che potrebbe portare anche a qualche maliziosa considerazione su un utilissimo alibi per il governo.

L’augurio, ovviamente, è che non sia così, ma non è possibile tuttavia escludere che qualche polemica strumentale possa innescarsi, una volta usciti, speriamo presto, da questa situazione. O meglio, da questo incubo, perché questo è il termine più esatto. Un incubo strettamente legato all’incertezza che, come noto, è la causa scatenante dei fenomeni di ansia che impattano sulla vita dei cittadini.

Allo stato delle cose, al di là degli sviluppi che ci saranno, ciò di cui gli operatori e i cittadini hanno maggior necessità è un’informazione chiara e semplice: decreti emanati alle 20 della domenica che prorogano e modificano precedenti provvedimenti possono essere letti solo come una dimostrazione d’indecisione su come affrontare il fenomeno. E questo non aiuta. Ognuno deve fare la propria parte, senza sottovalutare neppure per un solo istante quanto sta accadendo ma anche senza gettare, magari per superficialità, benzina sul fuoco dell’allarmismo.

Le informazioni che arrivano da esperti virologi che sostengono che si tratti sostanzialmente di una “normale patologia”, anche se con una sintomatologia più accentuata, e il raffronto percentuale tra i colpiti e la popolazione italiana, e non si parla di decessi, che dà cifre attorno allo 0,0003 per cento, non appaiono in netto contrasto con i “rimedi” annunciati? Ha davvero una logica invitare le persone ultra 65enni a stare barricate in casa, sospendere alcune partite di calcio (e altre no), impedire allenamenti ai quali possano prendere parte al massimo in una giornata otto partecipanti, divisi in quattro turni, senza la presenza di altre persone e senza poter utilizzare gli spogliatoi, o vietare il trasporto merci in diverse zone e, contemporaneamente, aprire i musei, anche se con accessi limitati? Ha senso (e può essere consentito?) che per l’attività dell’autotrasporto alcune imprese committenti non accettino autisti senza mascherine, ritenute inutili secondo numerosi esperti?

La situazione è seria e, proprio per questo, non va tradotta in farsa. Anche perché in gioco c’è la sopravvivenza (economica s’intende) di molte nostre imprese (escluse quelle che producono mascherine, tamponi o disinfettanti) che rischiano di dover chiudere l’attività. La prudenza è d’obbligo, ma non deve essere il frutto d’incertezza e d’incapacità a prendere decisioni perché questo determina incomprensioni e danni maggiori. Conseguenze che possono essere evitate facendo “prevenzione” vera. Come quella proposta al Governo, in materia di trasporti e logistica, dalle rappresentanze convocate dal ministro Paola De Micheli. Proposte che, in alcuni casi, invitano il Governo a percorrere strade diverse da quelle fin qui indicate. Alcuni chiedono di non versare le imposte o il credito di imposta? Ma se non incassano, che imposte debbono versare?

Meglio la sospensione dei contributi, dell’Iva, la messa a disposizione delle risorse per crediti agevolati, rinvii di norme. Tutte misure che rientrano nell’accezione più ampia di decidere di dare sostegno alle imprese. Il Governo si è riservato di mantenere i contatti, Conftrasporto ha deciso di avanzare una richiesta formale al ministro competente e nel merito comunicherà quelle che saranno le decisioni che intende assumere. Un elemento comunque è certo e sarà meglio che l’intero Paese se ne renda conto in fretta: o si trova una guida credibile che fornisca certezze, che affronti il problema con la necessaria competenza e prudenza, o si rischia veramente grosso.

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