RUOTE D’ITALIA di Paolo Uggè
Negli anni passati, prima che ne mutassero i criteri, il governo presentava il Dpef, il Documento di programmazione economica e finanziaria propedeutico alla Legge finanziaria. Un documento di preparazione, di introduzione alla manovra vera e propria.
Quest’anno si sarebbe dovuti tornare al passato: mai come questa volta il documento approvato (con una postilla, “salvo intese” che è tutta un programma….) avrebbe dovuto tornare alla vecchia definizione. Innanzitutto quel “salvo intese” lascia intendere che potrà essere modificato; in secondo luogo il passaggio alla Commissione Ue potrebbe portare a richieste di modifiche. Inoltre, i giornali ogni giorno danno notizia che componenti della maggioranza si dichiarano in disaccordo sulle misure in esso contenute e annunciano emendamenti. Ecco perché sarebbe dunque più adeguato definire con il vecchio nome quello che rimane pur sempre un Documento di programmazione economico-finanziaria, il cui acronimo viene letto ormai da molti come “Documento di programmazione e favole”.
Le intenzioni del Governo sembrano essere incentrate a presentare la manovra soprattutto come un insieme di norme green, oltre che di interventi utili al Paese. Un’accelerazione verso la “sostenibilità ambientale” che riguarda, ovviamente, anche il trasporto su gomma e la direzione non può certo definirsi errata. Ma se il (giusto) principio è quello di prevedere che “chi più inquina più paga”, non può accadere l’esatto contrario come invece purtroppo avviene oggi. Una situazione assurda, irreale, di cui discutere immediatamente.
Peccato che il governo, anziché aprire un confronto con le imprese su una materia delicata e impattante, abbia invece deciso di applicare da subito i tagli alle compensazioni sull’accisa per il gasolio, senza un confronto con la categoria interessata. Impossibile concordare: se è condivisibile la scelta di penalizzare i mezzi più inquinanti, i tempi della manovra sembrano non tener conto del fatto che moltissime imprese possano essere messe in difficoltà. Quindi sì alla riduzione dei trasferimenti (tutti) alle imprese inquinanti, ma mettendo alcuni punti fermi: le risorse risparmiate debbono essere destinate per gli investimenti al settore, con particolare attenzione agli aiuti economici a chi rinnova le flotte aziendali sostituendo vecchi mezzi inquinanti e pericolosi con nuovi camion puliti e sicuri; occorre gradualità nell’applicare i tagli e soprattutto si devono affrontare in un quadro di interventi strutturali che gravano oggi sugli operatori. Sicuramente è positiva la scelta d’integrare con 15 milioni di euro circa (di cui cinque prelevati dalle quote dell’Albo, quasi una sorta di autofinanziamento…) le somme destinate agli investimenti, ma se il tutto non rientra in un quadro di interventi organici sul settore, il rischio è di assumere decisioni che potrebbero anche suscitare interpretazioni sbagliate sulle intenzioni del ministro. E questo non sarebbe un bell’inizio.
Anche sotto questo punto di vista un confronto sarebbe stato opportuno. Un governo che dichiara di voler rilanciare i confronti con i corpi intermedi forse avrebbe dovuto essere più interessato ad ascoltare le rappresentanze del settore che da un mese, senza avere risposte, hanno ripetutamente rinnovato la richiesta di essere ricevute, incontrate, ascoltate. La speranza (anche per evitare possibili forme di protesta sempre più “nell’aria”) è che il confronto si apra finalmente in tempi brevi anche perché sappiamo bene cosa potrà succedere nel dibattito parlamentare sugli emendamenti annunciati.
Questi concetti sono emersi in modo evidente anche nel dibattito tenutosi al Forum di Cernobbio che si è appena concluso, svoltosi in questa edizione con modalità diverse: con imprenditori, rappresentanti delle forze politiche ed esperti che si sono confrontati sui temi dell’ambiente, della logistica e dei trasporti. Una scelta che ha puntato più a coinvolgere direttamente i protagonisti della vita sociale ed economica anziché sentire dichiarazioni generiche, come talvolta avvenuto, da parte di ospiti che in materia avevano poco da dire. Forse perché ne sapevano pochissimo?
Paolo Uggè
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